martedì 18 dicembre 2012

Dei bianchi macerati sulle bucce, non facciamone la moda degli anni duemila!



La prima volta che mi versarono un vino da vitigno a bacca bianca macerato sulle proprie bucce esclamai: "cosa?". Poi lo guardai, lo portai al naso, lo bevvi e dissi: "non ci credo!". Ero sconvolto, disorientato ed estasiato al tempo stesso. Da quel giorno è stato un crescere di interesse e di assaggi. Alcuni, hanno avuto letteralmente il potere di abbattere e ricostruire quella che era la degustazione come la conoscevo, con colori, strutture, ampiezze olfattive e verticalità davvero all'apice della scala. Ma di una scala riscritta appunto. Altri, hanno beva grandiosamente semplice, snella e nostalgica, riportando alla memoria assaggi ormai lontani. Mi intrigano, insomma!

Le caratteristiche comuni - limitandomi ai vini fermi - a questa tipologia,* generalmente sono: i forti colori tendenti all'ambra e l'importante struttura, entrambi crescenti, all'aumentare dei giorni di contatto del mosto con le bucce. Pungenza e freschezza da elevata acidità volatile voluta, che oltre a veicolare i profumi, aiuta a preservare il vino, in affiancamento ai solfiti, che spesso sono a livelli fortunatamente bassi. Ventagli olfattivi che in alcuni casi sembrano interminabili. Al gusto poi, hanno sapidità e acidità elevata, tannino riconoscibile - che con la sola vinificazione in bianco non avrebbero - strutture importanti da un lato, grande bevibilità dall'altro. Fin qui, tutto bene no?

No, non del tutto almeno. Questa tipologia di vino, proviene nella maggioranza dei casi da viticoltura e vinificazioni naturali. Sì, quei produttori che non aggiungono nulla - così dicono - né intervengono in nessun modo, che ascoltano ed assecondano prima la vigna, poi il mosto/vino. Quelli che amo e che in questi anni mi hanno saputo regalare emozioni. Tuttavia queste macerazioni, queste eccessive acidità volatili, in alcuni casi, soffocano e appiattiscono vitigno e territorio, rendendo, magari anche grandiosa la bevuta, ma purtroppo anonima. Poi ci sono le puzzette - non sempre intendiamoci - gli squilibri, in alcuni casi addirittura, riannusando il bicchiere vuoto, resta solo il ricordo dell'aceto. No, questo, oltre certi livelli, non lo tollero più.

Probabilmente alcuni produttori devono ancora aggiustare il tiro. Forse, non dovrebbero arrivare a vinificazioni estreme o a prove di "forza". Oppure, forse siamo noi, che dopo anni di bevute enologicamente modificate abbiamo perso di vista il reale sapore del vino e dobbiamo azzerare il gusto per ripartire da capo.

Insomma, necessito di un approfondimento, voglio sapere di più. Da qui l'idea della degustazione - tutta da costruire - con esperti ed appassionati: almeno tre bottiglie dello stesso vitigno, almeno quattro o sei vitigni, due macerati uno no. Tutto alla cieca. Lo scopo, oltre a valutare la pulizia e la precisione stilistica è appunto quello di riconoscere il vitigno, o per lo meno identificarne i fratelli e, se siamo fortunati, ritrovarci un territorio.

Magari si mette un hashtag davanti e si crea #macerati1.

Dieci anni fa, ricordo, amavo i vini barricati. Poi, quando mi accorsi che dalla Sicilia al Friuli, 
la bevuta era pesante ed omologata, smisi in tronco di comprarli. Spero di non dover ripetere l'errore!


* Non si può semplicemente definire come "metodo di vinificazione" quella dei vini bianchi macerati sulle bucce. Bensì, siamo davanti ad una nuova ritrovata tipologia di vino a sé. Per citarne alcuni: i vini bianchi, i rossi, gli spumanti, i passiti, i dolci, i muffati, ed appunto i "macerati". Sì, chiamiamoli così. 

giovedì 13 dicembre 2012

Barbaresco DOCG Riserva 2006 - Punset: un vino che rende felici!

  • Produttore: Az. Agricola Punset
  • Denominazione: Barbaresco Riserva DOCG
  • Vitigno: Nebbiolo 100%
  • Annata: 2006
  • Tit. Alcolemico: 14%
Avevo degustato alcune loro bottiglie il venerdì dedicato alla "Bio&dinamica" del Merano Wine Festival 2012. In quell'occasione, le etichette presenti non mi misero sull'attenti. Non rapirono ogni mio senso portandomi ad esclamare: "Riccardo, qui c'è una piccola emozione!". Com'è accaduto invece per il Carjcanti - stupefacente Carricante quasi in purezza - ed il "Neromàccari" - paradigmatico cru di Nero d'Avola - di Gulfi. O ancora il Suber di Gianfranco Daino, il vulcanico Aetneus de I Custodi delle Vigne dell'Etna, la fantastica verticale di Stefania Pepe - figlia di Emidio - sia del Montepulciano d'Abruzzo, che del Trebbiano. Sarò rimasto al banco con Stefania almeno un'ora. I vini? Come quelli del padre: a tratti commoventi. L'unica pecca degna di nota, erano le etichette: troppo variopinte e poco eleganti. Per finire, le bottiglie storiche del Castello dei Rampolla: Chianti Classico, Sammarco ed Alceo e le ultime nate, vinificate in anfora, senza solforosa aggiunta e, udite udite, con data di scadenza. Giuro, voglio andarli a trovare.

La riserva 2006 di Punset mancava però in quell'occasione. Inoltre, c'è da riflettere su quanto siano attendibili i plurimi assaggi durante queste manifestazioni. I più "distratti" potrebbero irrimediabilmente etichettare in modo errato un'azienda ed alcuni loro vini. Come in questo caso appunto. Io, preferisco sempre riassaggiare una seconda volta con più calma, se si presenta nuovamente l'occasione.

Il Barbaresco riserva di Punset, nasce esclusivamente da un'attenta selezione delle uve più pregiate, da agricoltura biologica controllata e certificata e viene prodotto solo nelle migliori annateFino ad ora, sono esclusivamente cinque le vendemmie nelle quali è stato realizzato, l'ultima è appunto la 2006. Insomma, questa riserva mi ha stupito, per ampiezza olfattiva e beva. Ero incredulo quando versandolo nel calice, mi sono accorto di aver finito la bottiglia.

Il colore è un didattico granato. Trasparenza e riflessi, sono tipici del vitigno. Poi i profumi: liquirizia, muschio, china, cetriolo, frutta rossa ancora fresca, corteccia, piante officinali, agrumi, terra bagnata, ed un'avvolgente balsamicità fiancheggiata da una più sottile nota di smalto. Pulizia ed eleganza olfattiva commoventi. Il sorso è gustoso e verticale, il tannino si lega al palato e non cede, solo un succulento arrosto può mitigarlo. Ottimo il ritorno olfattivo, buona persistenza e tanta bella leggerezza di beva. Più tipico di così! Non ha muscoli né pretese, ha solo il dono di rendere felici.

Beh, grazie Luigi, spero di averti regalato le stesse emozioni con le mie bottiglie!

venerdì 7 dicembre 2012

Sassella Vigna Regina 1999 - Ar.Pe.Pe - Un vino che...

  • Produttore: Ar.Pe.Pe.
  • Denominazione: Valtellina Superiore DOCG - Sassella
  • Vitigno: Nebbiolo (Chiavennasca) 100%
  • Annata: 1999
  • Tit. Alcolemico: 13,5%
  • Prezzo: < 35 € - comprato in enoteca
Il Vigna Regina 1999 di Ar.Pe.Pe. è un vino che...

È un vino che lo guardi e ti incanta;
È un vino che nel calice non si muove: danza;
È un vino che ha un nobile vestito;
È un vino che non ama la fretta, necessita il suo tempo;
È un vino che sa di corteccia e di liquirizia, di china e di rabarbaro, di spezie e di cocomero, d'arancia e di prugna;
È un vino che quando finalmente si dona,  ti esalta;
È un vino che ha balsamiche infusioni e lacche;
È un vino che non è tuo amico in una serata distratta;
È un vino che chiudendo gli occhi ci si ritrova nel bosco o in un prato in primavera;
È un vino che inizialmente può sembrar leggero, poi viene solenne;
È un vino che come una donna, deve essere corteggiato;
È un vino che ha bisogno di tranquillità;
È un vino che non ha bisogno di stupire;
È un vino che fa dell'equilibrio la sua forza;
È un vino che non si dona al palato distratto;
È un vino che lo assaggi e ti proietta in un armonico ballo ottocentesco; 
È un vino che bisognerebbe sempre averne in cantina;
È un vino che quando il calice ormai è vuoto, ancora ti carezza;
È un vino che lo bevi davanti al camino e ti scalda il cuore;
È un vino che io, lui e la mia lei;

Il Vigna Regina 1999 di Ar.Pe.Pe. è un vino che semplicemente io adoro.

giovedì 29 novembre 2012

L'alta Valcamonica, sono i vini di Enrico Togni - Poi, c'è L'alt(r)a Lombardia!!

Il vino, non si ferma alla sola bottiglia, alla tavola, al bicchiere ed al suo contenuto, per quanto eccezionale. Quello che in questi anni mi stimola maggiormente ed arricchisce, è conoscere il territorio di produzione. Per comprenderlo fino in fondo sento il bisogno di scoprire il luogo dove nasce e parlare con chi lo produce. Solo in questo modo riesco ad recepire con maggiore chiarezza quello che mi ritrovo nel calice.

Ho quindi colto volentieri l'invito di Enrico Togni di Togni Rebaioli per la presentazione del S. Valentino 2010 - Erbanno in purezza.

Per conoscere Enrico, la sua passione, il vitigno Erbanno e la viticoltura della Valle, vi rimando all'intervista che gli ho fatto tempo addietro su queste pagine.

La Valcamonica è circondata dalla Valtellina a nord, dal Trentino-Alto Adige ad est e dalla provincia di Bergamo a sud-ovest, dalle quali, probabilmente, viene influenzata sulla coltivazione dei vitigni. I più comuni sono: Riesling, Müller Turghau ed Incrocio Manzoni, per i bianchi. Merlot, Marzemino e Barbera, per i rossi. Ed altri ancora, proprio come quelli di Enrico.

Come la Schiava in rosa "Martina" 2011, dove il varietale e la freschezza la fanno da padrone. Da averne sempre una bottiglia al fresco d'estate! Il "Lambrù" 2009, ottenuto da Marzemino, Merlot e Barbera, dall'ottimo ventaglio olfattivo, tra fiori, frutta e spezie dolci. Ha sorso pieno, succoso e scattante. Interessante notare come ogni vitigno contribuisca con le sue caratteristiche a donare equilibrio al sorso. Il "Millesettecentotre" 2009, Nebbiolo in purezza, giocato sulle finezze e sottili note del vitigno. Un perfetto cugino della vicina Valtellina. Il "San Valentino" 2010, l'Erbanno, il giovane principe di questa giornata: piacevole e fresco tra la frutta del rovo e le spezie della credenza. Ha beva, slancio ed avvolgenza, conferita dalla polposità. Insomma, un vitigno ed un vino tutto da scoprire che solo Enrico può vantare. Si prosegue con due grandi bottiglie: il Merlot "Rebaioli Cav. Enrico" 2009, nel quale il territorio anticipa il vitigno, donando un naso profondo e intenso di frutta rossa macerata, spezie antiche, corteccia e pellame. Ha sorso morbido, pieno, penetrante ma scattante e fresco. Un Merlot da segnare, perché si distacca da banalità ed omologazioni. Per finire, il "Vidur" 2009, Barbera in purezza - il mio preferito - nel quale profumi intensi e tipici del vitigno, tra fiori, frutti maturi, ricordi di bosco umido e di roccia, ne definiscono le note olfattive, spinte al naso da una ventata di fresca intensità. Il sorso è rotondo e scattante, ricco e fresco, gli conferisce una struttura agile e di grande beva, di grande evoluzione. L'assaggio del 2007 ne è stata solo la conferma.




Vini, quelli di Togni Rebaioli, fratelli. Caratterizzati da un intrinseco fil rouge, dal quale si riconosce lo spirito produttivo e la provenienza. Hanno carattere, personalità, ma soprattutto, mi hanno permesso di decifrare un territorio. Questi per me sono i vini che rappresentano la Valle Camonica.

Sarebbe stato impossibile - mi riallaccio a quanto scritto in apertura - esprimere queste considerazioni senza aver conosciuto Enrico ed aver vissuto di persona, anche se per poco, un angolo della valle. Non c'è da stupirsi quindi, se per tre anni consecutivi, sulla guida Slow Wine abbia preso la Chiocciola. Se andate al Mercato dei vini dei Vignaioli, a Piacenza questo week end, passatelo a trovare, ne avrete la conferma. 

Poi, c'è stata la degustazione dei produttori associati al Consorzio di Tutela IGT Valcamonica, in occasione della quale, tra le altre cose, ho riassaggiato i vini di Enrico. Tra le aziende presenti invece ho trovato interessanti solo alcune bottiglie, per pulizia e precisione stilistica. Partendo dai vini bianchi, in alcuni casi ho notato un eccessivo uso della tecnica che, a mio parere, andrebbe ridotta per salvaguardare l'integrità e l'espressione del vitigno. In altri casi ho notato come una corsa all'internazionale, nella quale personalmente non credo. Altri, infine, mi sono sembrati ancora piuttosto anonimiAnche per i rossi il discorso è più o meno lo stesso: ho sentito prodotti discreti, con caratteristiche definite, in altri invece troppa concentrazione, troppa tecnica, o con richiami ancora troppo internazionali. Anche se i riconoscimenti nel breve periodo possono arrivare, a lungo termine stancano. Fondamentalmente è una moda e come tale passerà, anzi sta già passando.

La Valcamonica del vino ha un futuro tutto da scrivere: iniziare a camminare sulla strada giusta (non per forza la più facile) è fondamentale. La mia idea, quello che voglio dir loro, è di creare un territorio riconoscibile e definito da vitigni e vini corretti, in cui il bevitore o appassionato riesca a riconoscerne la provenienza e poter dire: "che buono questo vino Camuno".

lunedì 12 novembre 2012

Chianti Classico 2005 - Vecchie Terre di Montefili

  • Produttore: Vecchie Terre di Montefili
  • Denominazione: Chianti Classico D.O.C.G.
  • Vitigno: Sangiovese 100%
  • Annata: 2005
  • Tit. Alcolemico: 13,5%
  • Prezzo: < 15 € - comprato in enoteca

Avevo già scritto di loro, raccontando dell'Anfiteatro, ed il titolo recitava: "l'eleganza del Sangiovese".  Qui direi: "lo spessore del Chianti".

Perché è granato cupo, la trasparenza del vitigno invece la si ritrova solo in unghia. Perché parte floreale, leggermente ematico e ferroso, allargandosi poi alla frutta, alle spezie, con alcuni richiami dell'affinamento. Perché è rassicurante: un Chianti Classico al cento per cento, non si sbaglia, la tipicità dei profumi sono quelli. Perché nel calice di nuovo evolve: balsamico con sentori della terra ed il verde del campo, del tartufo ed un lineare ricordo di cetriolo. Perché non va per il sottile: ha spessore, appunto.

Il sorso è avvolgente, vivo, il tannino e la freschezza sono ricchi e vibranti. Ha della materia, in bocca è chiantigiano di razza, balsamico che riscalda, lungo e longevo. Con il cibo - arrosto o selvaggina da piuma - è meraviglioso. Solo un avvertimento: ha bisogno di essere aspettato.

Vecchie Terre di Montefili è una realtà della tradizione, che lavora benissimo, che ormai, si è conquistata una parte del mio cuore.

martedì 6 novembre 2012

Gianfranco Manca, la semplicità di PaneVino, la non territorialità e l'Isola dei Nuraghi IGT - Pikadé

Gianfranco Manca  - ne accennai qui - fa vino da più di venticinque anni, molto prima della moda del "naturale", dalla quale cerca di sfuggire. Alla domanda: da quanto tempo lavori seguendo i criteri della biodinamica? "Io non so neanche se ho iniziato e non mi interessa saperlo. Io posso dire cosa faccio e cosa non faccio". "Quando inizia ad essere naturale il vino? Quando smette di esserlo?" mi chiede. Per lui, PaneVino è l'essenziale, la semplicità. La quotidianità è rappresentata dal pane, la festa dal vino. "Fare vino è un percorso intimo fatto di continue scoperte" aggiunge.



Vignaiolo sulla terra: lo si legge chiaro in etichetta - una provocazione - non ama ricordare il suo territorio, è contrario al concetto di terroir. Gianfranco Manca è così, ha le sue convinzioni, non ama le domande da salone del vino, non vede bene quelli che girano col taccuino: quanti giorni di macerazione? Botte grande o barrique? Quanti ceppi per ettaro? Cosa importa? È il vino che deve parlare.


Poi, passi una giornata con lui e la moglie Elena, ti raccontano della loro famiglia - presentandoti i tre figli - e del piccolo agriturismo. Con un piacevole diversivo, quello di andare a controllare i filari, ti portano a vedere le vigne - tutte - rigogliose, vive e selvagge. Quelle che stanno meglio - dice - sembrano salutare. Ed è vero: ci sono tanti rami lussureggianti, ricchi di foglie, dritti ed alti, che con il vento sembrano proprio che salutino.

Oltre trenta varietà di vitigni diversi: da quelli più autoctoni, si passa al Nebbiolo, alla Barbera, al Ciliegiolo, al Montepulciano ed altri ancora. Lascia fare ed ascolta la natura, intervenendo pochissimo - può permetterselo, ha territorio e clima dalla sua: escursioni termiche, ventilazione, luminosità, esposizione e terreni. "Un tempo c'era molta più vigna", racconta, "poi, la pastorizia ha avuto la meglio ed i pascoli hanno sostituito i vigneti." Anche nell'orto non ci mette mano, ed è incredibilmente ricco di prodotti.


Torniamo alla casa-cantina-agriturismo, che è quasi sera. Restiamo per cena e ci accomodiamo nella veranda circondata dagli ulivi e, finalmente, degustiamo. La cucina è quella che non ti aspetti, siamo nel bel mezzo della Sardegna e tutti i piatti sono a base di pasce. Tutto torna, è delicata ma saporita, semplice, ma al contempo ricercata: Elena è una cuoca bravissima, il loro pane ottenuto da lievito madre, oltre ad essere un capolavoro è buonissimo.

Ed è qui, nei momenti di pausa, che ci rendiamo conto di tutto. Il silenzio, l'armonia e la pace ci avvolgono. Questo è il vero mondo della famiglia Manca. Il loro è un "naturale" percorso di vita a trecentosessanta gradi, la vigna ed il vino, ne sono solo una parte. L'educazione, la cultura, l'approccio alla medicina, la calma e la quiete delle loro parole, tutto questo è un cerchio che si chiude. Ora comprendo!

Anche dietro ad ogni etichetta c'è ricerca e ciascuna nasconde un significato. Esse cambiano ad ogni vendemmia e raccontano una piccola storia. Quella del Pikadé, ad esempio, rappresenta un'apertura, uno squarcio, un barlume di luce sul buio degli anni passati.


Produttore: PaneVino
Denominazione: Isola dei Nuraghi IGT
Vino: Pikadé
Vitigno: Monica, Carignano
Annata: 2010
Tit. Alcolemico: 12,5% vol.
In etichetta non viene riportata la scritta: Contiene Solfiti
Prezzo: 18 € - comprato in cantina

Territorialità si diceva: il colore è rubino che guarda il granato, parecchio scarico, vivo e nobile. Rosa, quello che domina il bouquet è un intenso e piacevole ricordo di questo fiore di Afrodite. Ha poi profumi sottili e leggeri di frutta del rovo, spezie, agrumi canditi e qualcosa che ricorda l'acciuga sotto sale (riportandomi ad un altro "amato" vino isolano ed alcune eccellenze toscane). Un naso splendido caratterizzato da finezza ed eleganza con intensità in crescita e non un difetto. (non interviene in nessun modo in vinificazione).

Il sorso è giocato sulla freschezza, con tannino ed acidità fantastiche, sapidità del mare e ritorni balsamici. Dinamico, mai scontato, il gusto è quello della rosa, delicato come accarezzare il velluto. Neanche a dirlo, si beve alla grande, chiude lungo: rosa, ancora rosa, ed ancora rosa, leggermente amaricante.

Degustandolo alla cieca, non avrei mai pensato alla Sardegna, o almeno a larga parte dei vini ai quali siamo abituati. Con questo Pikadé quindi, Gianfranco Manca è uscito dal concetto di "territorio", donando unicità e personalità al vino. Soprattutto, è riuscito a mettere luce ad annate buie.


giovedì 25 ottobre 2012

Novembre e l'affollato calendario delle fiere del vino


Si è da pochi giorni conclusa Autochtona a Bolzano e siamo al primo giorno del Salone del Gusto di Torino. Mesi ricchi di eventi e fiere enologiche, non prendete impegni nemmeno per quello venturo e spiegate a casa che non vi vedranno per 4/5 fine settimana. Tra l'altro, scegliere non è affatto facile, in alcuni casi, ci si dovrebbe addirittura sdoppiare.


So bene che questo elenco può essere parzialmente incompleto e di aver tralasciato il centro e sud Italia (per mancanza di informazioni), sforando con gli appuntamenti anche alla prima settimana di dicembre, ma vediamo comunque le date:



- Domenica 4 e lunedì 5 novembre 2012 - presso l'Hotel Boscolo Exedra - Roma:

Sangiovese Purosangue: Produttori ed appassionati si incontrano per celebrare un grande vino fatto al 100% con uve Sangiovese. Ogni produttore presenterà vecchie e nuove annate di Brunello di Montalcino, dimostrando la sua grandezza e la capacità di invecchiamento.
www.sangiovesepurosangue.it



- Domenica 4 e lunedì 5 novembre 2012 - Fornovo Taro (PR):

Vini di Vignaioli: Degustazione e vendita di vini e prodotti dell'agricoltura biologica.


- Da venerdì 9 a lunedì 12 novembre 2012 - Merano (BZ):


Merano WineFestival: un evento che non ha certo bisogno di essere presentato. L'eccellenza dell'eccellenza si trova qui.

www.meranowinefestival.com



- Da giovedì 15 a domenica 18 novembre 2012 - Malborghetto, Tarvisio (UD):

Ein Prosit: il principale evento enogastronomico del Friuli Venezia Giulia dedicato ai vini da vitigno autoctono italiani ed internazionali.



- Da venerdì 16 a lunedì 19 novembre 2012 - Centro fieristico Faenza (RA):


Enologica: salone del vino e del prodotto tipico dell'Emilia-Romagna.
www.enologica.org




- Da venerdì 23 e domenica 25 novembre 2012 - Teatro Politeama Pratese Prato:

Vinology Expo: il primo expo dei vini Biodinamici, strutturato appositamente per far incontrare i produttori a livello nazionale e per far conoscere questa tipologia di vino sia a compratori di calibro internazionale che al pubblico.


- Da venerdì 23 e domenica 25 novembre 2012 - Leoncavallo s.p.a. Milano:

La Terra Tremamanifestazione dedicata all’agricoltura di qualità, quella che in Italia quotidianamente lotta per tutelare suolo e socialità, colture e cultura, enogastronomia non elitaria e un’idea differente di sviluppo.
www.laterratrema.org


- Sabato 24 e domenica 25 novembre 2012 - Zola Predosa (BO):

Rassegna Internazionale di Vini Passiti: manifestazione che ha come scopo specifico lo sviluppo della cultura, la diffusione e valorizzazione dei vini passiti dolci e secchi italiani e stranieri.

www.rassegnavinipassiti.it


- Sabato 1 e domenica 2 dicembre 2012 - Piacenza Expo, Piacenza:

Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti FIVI: degustazioni, assaggi e vendita diretta di oltre 1000 vini artigianali, presentati direttamente dai vignaioli di tutta Italia.
www.mercatodeivini.it


Appuntamenti imperdibili, nei quali in alcuni casi è possibile persino acquistare il vino ed alcuni prodotti gastronomici. Dove poter incontrare i produttori amici, dare un volto a quelli conosciuti solo tramite web e conoscerne di nuovi. Dove le esperienze e le sorprese enologiche non mancheranno e, non meno importante, dove potersi confrontare con appassionati e blogger.

L'obiettivo per me è quello di partecipare almeno a quelle più vicine. E voi dove sarete?

Alcuni disappunti: perché gli organizzatori non fanno in modo di "spalmare" le manifestazioni in un lasso di tempo maggiore? Non credo siano all'oscuro delle date degli altri eventi, ne gioverebbero tutti. Poi sinceramente tutte queste associazioni o gruppi - penso tra le altre anche a ViniVeri e Vinnatur - rendono ancora più confuso il già complicato panorama del vino italiano. Francamente non so più a cosa credere.

venerdì 19 ottobre 2012

Naigartèn 2010 - Gradizzolo, un autoctono bolognese da sostenere!


  • Produttore: Gradizzolo
  • Denominazione: Emilia Rosso IGT
  • Vino: Naigartèn
  • Vitigno: Negretto
  • Annata: 2010
  • Tit. Alcolemico: 12,5%
  • Prezzo: < 10 € in cantina.

Colli Bolognesi, vitigno autoctono a bacca rossa, prima abbandonato, da pochi anni riscoperto: questa in sintesi, è la storia del Negretto o NegrettinoUn vitigno/vino figlio del territorio, semplice e piacevole al naso, scalpitante in bocca. Che tuttavia ben si sposa con la cucina emiliana e, se vogliamo parlare di territorialità e tradizione enogastronomica, qui ci siamo.

Rubino scuro, granato in unghia, agile nel calice, il Naigartèn, passata la ventata alcolica, ha sentori leggiadri di frutti rossi aciduli, di spezie dolci, di rosa e leggermente vanigliato, con ritorno vegetale. Ha complessità crescente ed un contesto olfattivo piacevole.

Il sorso spiazza - un altro vino - più ruvido di come lo si credeva: tannino irruente e giovane ed acidità elevata. La struttura non è pesante, la bevibilità è buona, non risulta spiacevole, tutt'altro. Nel sorso ci si ritrovano piacevoli i frutti, le spezie e le rose, con chiusura amaricante. Un vino che richiede cibo: senz'altro. Ha spigoli da smussare, di certo. Chissà, tra sei mesi, o un anno, come sarà, magari è un vino longevo. Da riprovare!




Per un approfondimento sul vitigno, sul padre di questa bottiglia, Antonio Ognibene, nonché artefice del recupero dello stesso, vi rimando ad un interessante articolo di Slowfood che a suo tempo apprezzai parecchio. 

Barbera "Bricco dell'Invernata" di Gradizzolo - ne parlo qui.

mercoledì 17 ottobre 2012

Ravenna Rosso IGT "San Lorenzo" 2006 - Vigne di San Lorenzo - Lo specchio di un territorio!


  • Produttore: Vigne di San Lorenzo
  • Denominazione: Rosso Ravenna IGT
  • Vino: San Lorenzo
  • Vitigno: Cabernet Sauvignon 50% - Merlot 50%
  • Annata: 2006
  • Tit. Alcolemico: 13,5%
  • Prezzo: < 15 € in cantina.
Filippo Manetti di Vigne di San Lorenzo è un giovane vignaiolo dalle idee chiare e dalla sicura parlantina romagnola. Sono andato a trovarlo a Campiume - splendido agriturismo immerso nel verde - che era in piena vendemmia, tra uve che arrivavano e mosti che fermentavano. Ciononostante, gentilissimo ed ospitale, ha trovato il tempo per mettersi a sedere con me per una chiacchierata, con un tagliere e qualche assaggio.

Siamo sull'Appennino Tosco-Romagnolo, poco sopra Brisighella, ad un'altitudine di circa 200 metri s.l.m. I 3,5 ettari di vigneto sono a conduzione biologica, su terreni arenario-marnosi. In cantina le vinificazioni avvengono con tini scoperti, senza nessun tipo di controllo, né intervento. Lunghi affinamenti in barrique usate e bottiglia. Ultimamente, per il Sangiovese, l'affinamento è passato al legno grande e, dall'assaggio da botte, promette molto bene.


Tre le etichette: il Campiume, Sangiovese in purezza (di grande espressività), il Fieni, Malbo brisighellese in prevalenza ed, appunto, il San Lorenzo, Cabernet e Merlot. Chi pensa ad un vino speziato, fruttato, con quell'inconfondibile sentore di peperone e vaniglia si sbaglia di grosso. A mio parere, i metodi naturali di vinificazione, la cura delle vigne, ed il terreno Terroir, nel bicchiere risaltano, donando al vino caratteristiche uniche che sorprendono.


Il San Lorenzo è di color rubino scuro, cupo, che sfuma al granato. Imponente e profondo, ha sentori iniziali di china, speziati, del sottobosco, di tartufo e terrosi; si allarga poi alla frutta rossa cotta, al muschio, al tabacco, con sbuffi balsamici. Un ampio ventaglio di profumi che nel calice offrono una buona evoluzione. Solo un po' confuso, con un briciolo di finezza in più sarebbe perfetto.

In bocca ha rotondità e pienezza - non siamo di fronte ad un vino beverino - con tannino vivo e calore. Il frutto avvolge il palato come un tessuto, ma non risulta pesante. L'acidità e la grande sapidità lo rendono scattante, rinfrescano il sorso che, lungo, lascia ricordi balsamici e di spezie. Un vino che mi piace parecchio, longevo, che ne guadagnerà certamente con l'evoluzione.


Filippo, tra l'altro, insieme a 5 viticoltori, fa parte di un'associazione chiamata i Bioviticultori: un interessante e giovane progetto che apprezzo parecchio per quell'idea del promuovere il territorio, con un'unica voce, senza guardare al singolo, ma nel globale - l'unione fa la forza per i Bioviticultori. Un gruppo di sei piccole realtà da tenere d'occhio, da non sottovalutare e, per alcuni produttori, da prendere come esempio. I riconoscimenti non mancano, i miei ultimi assaggi, me lo confermano.



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