giovedì 17 luglio 2014

Ho voglia di Vivere!

Sono periodi - questi - in cui lo scrivere di vino, viene meno. Il poco tempo, la voglia di fare altro: di godersi preziosi momenti con la propria compagna, la famiglia o gli amici (anche quelli del bar), cercando emozioni dentro di loro, piuttosto che dentro il calice (che comunque non manca mai) o guardare in faccia il mondo, invece che la tastiera, mi allontanano da quest'ultima. Non solo: i pochi stimoli, le ridicolaggini che leggo sui social, dalle solite 4 persone, che spesso vengono affiancate a delle finte pacche sulle spalle ed a quel mio "sesto senso" che mi dice che dentro e fuori dal quel calice di vino che tanto vado predicando, ci sia qualcosa che non mi finisce.

Insomma, adesso ho voglia di Vivere!


Poi, in un giorno qualsiasi, la voglia di andare a fare scorta di quel Pignoletto rifermentato dei colli Bolognesi che avevo recentemente sentito - il Falestar, di Maria Bortolotti (sicuramente ci tornerò sopra, perché è una vera goduria) - mi porta a chiamare Mariana Gunter, che tra le altre cose, gestisce la comunicazione dell'azienda.

Fatto sta, che in poco tempo mi ritrovo a casa sua e, chiacchierando, Mariana mi porta in un piccolo vigneto dietro casa e mi dice:


«queste sono vecchie viti di pinot bianco abbandonate da tempo. Sto cercando di recuperarle e sono due anni che ci lavoro. Alcune piante nel frattempo sono morte, altre faticano a tornare sane e vigorose. In ogni modo, sono soddisfatta perché riesco a fare alcune bottiglie di vino: porto l'uva in cantina da Flavio (figlio di Maria Bortolotti), lui me la vinifica e imbottiglia. Lo devi assaggiare!».


A me quel vigneto è sembrato meraviglioso. Mi sono anche offerto di aiutarla, se ne avesse bisogno. La vista di quella splendida collina ordinata, che scendeva dinanzi a me, mi ha stupito e mi ha convinto ulteriormente che il territorio dei colli bolognesi sia da far riscoprire, perché troppo sottovalutato, perché soffre di una cattiva ed ingiusta designazione. O forse perché a suo tempo, chi doveva tirarne le redini, ha dato troppo ascolto a quello che chiedevano nel nuovo mondo.

Ci trasferiamo successivamente in cantina da Maria Bortolotti, dove ci attende Flavio. Dopo un breve tour, ed alcuni assaggi (di grandissima qualità anche il vino sfuso), torno a casa con una bella scorta di bottiglie, tra le quali il Vivere.

Passano alcuni giorni e, tanta la curiosità, lo stappo.

Nel calice, ruota sul giallo paglierino dai riflessi dorati. I profumi ricordano gli agrumi, la salvia, alcune erbe aromatiche, la frutta esotica, ed una sapida/verticale roccia bianca. Come legante, un'inconfondibile nota fumè - conferita dalla sapiente gestione dei piccoli legni - che personalizza e delinea il profumo del vino, tanto da farmi viaggiare con i sensi ad altre regioni italiane, ben più vocate a questo vitigno*.

Il sorso è sapidità, ma anche freschezza diretta e diritta, che invoglia alla beva. A suo modo, specialmente verso il finire della bottiglia, viene glicerico e rotondo. Un calice nel quale ci si torna sopra volentieri.

Un vino dotato di eleganza, di complessità, che migliorerà sicuramente con il tempo: da aprire fresco per goderselo in tutta la sua evoluzione. Davvero una grande sorpresa.

Da tempo non assaggiavo un pinot bianco così buono. Poi quando penso che ce l'ho di fianco a casa...

Evviva i colli bolognesi.



Vivere, perché è grazie alla vita di quel vecchio vigneto, che nasce questo meraviglioso vino.


*A scriverlo, è uno a cui la barrique non fa impazzire se non gestita bene. Soprattutto nei bianchi.

venerdì 21 marzo 2014

Trebbiolo rosso, La Stoppa: una questione di equilibrio.

Produttore: La Stoppa
Denominazione: Emilia rosso IGT
Vitigni: barbera 60% bonarda 40%
Annata: 2012
Tit. Alcolemico: 13 % vol.
Caratteristiche: fermentazione spontanea ed affinamento in acciaio.
Prezzo: 7/9 
Url: www.lastoppa.it

I cosiddetti vini da uvaggio o da taglio (che non sono la medesima cosa), in genere non li ho mai snobbati. Anche se, ad essere sinceri, il nebbiolo, il pinot nero ed alcuni a bacca bianca in assemblaggio, proprio non li digerisco. Tra l'altro, non ne hanno neppure il bisogno.

L'unione di uno o più mosti/vini permette di ammorbidire le asperità di alcuni di essi, di apportare struttura laddove manca, oppure colore, acidità o tannino. Di aggiustare una vendemmia sfortunata per un vitigno o per l'altro. Inoltre, in molte regioni italiane è anche una questione di tradizione. Insomma, i vini ottenuti da un mix di uve/mosti/vini, soprattutto nei cosiddetti "vitigni minori" (termine che detesto), in alcuni casi riescono a raggiungere equilibri e complessità davvero notevoli.

Un argomento complesso, che meriterebbe ulteriore approfondimento.

Molti disciplinari anche per le suddette motivazioni, permettono l'aggiunta del 5-15% di altre uve, anche con la menzione del vitigno in etichetta. Un esempio lampante è la Barbera del Monferrato superiore docg, dove l'85% minimo deve essere barbera e per il restante 15% può essere freisa e/o grignolino e/o dolcetto. Probabilmente in passato era uno dei metodi per "aggiustare" il vino, senza doverlo forzare enologicamente, come è successo in questi ultimi anni, in cui la tendenza - o la moda - è spesso indirizzata a vinificare il singolo vitigno, cercando di addomesticare anche i più duri tra questi. Poi, ci sono quelli che aggiungono per internazionalizzare anche laddove è vietato, come nel caso di "brunellopoli", ma questa è una vecchia storia ormai conosciuta da tutti.

Il Trebbiolo 2012 de La Stoppa rappresenta un matrimonio perfetto, in cui le austerità della barbera - in genere acidità, tannino ed alcool - vengono smussate dalle rotondità e dai profili più esili della bonarda, apportando un immediato equilibrio, soprattutto nei vini di pronta beva.

Infatti nel calice è semplicemente godurioso. Un tuttotondo dove le peculiarità della barbera e della bonarda sono godibili nella loro più semplice e primordiale unione. Naso tendenzialmente dolciastro, basato sulla frutta rossa fresca, sulle spezie dolci, con qualche fiorellino ed un ricordo di pasticceria. Dal sorso snello, goloso e gustoso, tra acidità, tannino lieve, ed ancora quella dolcezza esaltata dall'unione dei vitigni, con un finale tutto frutta e polpa.

Un ottimo vino quotidiano, che resta saldo alla tradizione del suo territorio, che chiede solo di essere buono da bere, senza nessun tipo di artificio.

martedì 11 marzo 2014

Il merlot Vigna Ghilotto di Elvira, per la serie "Il vino che non ti aspetti"



Produttore: Elvira Vini
Denominazione: Veneto IGT
Vitigni: merlot in purezza
Annata: 2010
Tit. Alcolemico: 14 % vol.
Caratteristiche: da viticoltura biologica certificata. Vinificazione spontanea in acciaio ed affinato in legno. Non filtrato, non trattato chimicamente, senza solfiti aggiunti.
Prezzo: un regalo, ma suppongo non superi i 12 euro.
Url: www.elvirabio.it


Era da tempo che guardavo questo Merlot del Veneto archiviato in cantina. Probabilmente un regalo di un paio di Natali fa. Era lì perché non riuscivo a collocare la sua apertura. Con alcune bottiglie, mi capita.

Così l'altra sera, mentre armeggiavo per la cena, finalmente deciso, lo prelevo e lo apro. Lo verso nel calice, appoggiando il bicchiere senza annusare e riprendo le cose di cucina: scendo, prendo l'acqua, apparecchio, metto il pane in tavola, il Parmigiano Reggiano e, chiacchierando con Lei, finalmente porto il calice alla bocca.

«Noo» - esclamo sorpreso - «vieni a sentire questo vino: spacca!»
«Ma cos'è?» - chiede lei«è buonissimo!»
Io: «Pensa: è un merlot veneto dei colli Berici, l'avresti mai detto?»
Lei: «Dov'è il mio bicchiere...»

Di color rubino cupo, da subito il profumo risalta la nota varietale - mai scontata - del vitigno, ed un qualcosa riconducibile alla terra. Segue la frutta matura, candita e la buccia degli agrumi rossi e del cedro. Cioccolato, caffé, spezie dolci, liquirizia, tabacco e confetti. Leggermente mentolato, che ricorda la corteccia e la resina. Un naso definito, per niente semplice, dinamico e dal discreto ventaglio olfattivo.

Il sorso è perfettamente rotondo ed avvolgente, gustoso e succoso. C'è una parte tattile dolce, che ammorbidisce gli spigoli acidi e tannici. Snello, appagante e salino. Il vino scende facile e, quasi in autonomia, ti fa sentire il bisogno di berne un altro sorso, lasciandoti in bocca quel ricordo di cioccolato, di frutta e di agrume disidratato, coerentemente con il naso.

Anche se non è il vino simbolo o il merlot definitivo, lo premio per chiarezza, autenticità e beva, con la quasi eccellenza.




Volete sapere com'è finita?

Lei: «Mi passeresti il bicchiere?»
Io: «Mi spiace, abbiamo appena finito la bottiglia»
Lei: «Ne abbiamo ancora in cantina, vero?»
Io: «Era l'unica che avevamo.»
Lei: «Noooo!»

La bottiglia è finita dopo cena sul divano, godendoci un film e la quiete di una qualsiasi serata di inizio 2014.

venerdì 29 novembre 2013

Intervista a Giorgio Erioli - artigiano e poeta del vino dei colli bolognesi.

Ѐ per me un piacere ospitare Giorgio Erioli in questo mio spazio di divulgazione enoica. Artigiano del vino dei colli bolognesi e convinto cultore della tradizione vitivinicola regionale, si approccia rispettosamente, intervenendo il minimo possibile, sia in campagna che in cantina.
Anche se conoscevo da tempo alcuni suoi vini, ho incontrato Giorgio di persona, solo recentemente. Assaggiando l'ultima annata del suo Negretto "Maiulus" si è accesa in me come una scintilla, ho istintivamente sentito la necessità di conoscere quest'uomo - è spesso il vino (quando riesce a conquistarmi) che mi spinge a conoscere la persona che vi è dietro. Infatti, sono sempre più convinto, che bisogna conoscere prima la persona, poi la bottiglia - insomma, volevo incontrare lui, la sua storia, il suo lavoro, ed i suoi vini. Effettivamente, ho trovato sincerità e schiettezza, proprio come mi aspettavo:

Foto credit by Giorgio Erioli
1 - Giorgio, com'è nata la tua passione per l'agricoltura, per la vigna e quando hai iniziato a farlo di mestiere?
Ero un bambino di 8 anni e mio padre comperò il trattore nuovo, un carraro da 30 Hp. In pieno inverno, al mattino presto quando era ancora buio e fuori faceva talmente freddo che ti si ghiacciavano davvero le dita, mio padre si alzava per andare con il nuovo mezzo ed il carro nei campi per spargere i concimi e le scorie Thomas. Quando scendeva nel garage io ero già sul trattore e gli dicevo: «Lascia il nonno a letto che questo lo guido io.» Capito? Ho sempre amato la campagna sin da bambino e già a quell'età aiutavo i miei nei vari lavori che si succedevano con il cambio delle stagioni. Come mi è sempre piaciuto osservare tutte le creature (insetti, uccelli, animali) che popolavano l'ambiente in cui si viveva. A 18 anni lavoravo in una ditta di cuscinetti e catene a Modena, ed i miei titolari iniziarono ad acquistare il mio vino in damigiana, ma in certe annate questi si presentava con parecchi difetti e siccome ci tenevo a fare bella figura, iniziai ad interessarmi di questa materia finendo col appassionarmi per davvero: è iniziato tutto così. 

2 - Qual'è la filosofia ed il tuo approccio nel fare il vino?
Nel vino cerco un prodotto che sia il più possibile naturale e salubre per il bene della nostra salute, deve emozionare parecchio per cui non vado solo alla ricerca di vini dall'alta personalità e qualità, ma cerco di trasmettere anche tutto quello che sta dietro come storia e cultura. 

3 - Quanto è importante il terroir in cui crescono le tue vigne?
Il terroir è importantissimo, esattamente come i tortellini in brodo di cappone stanno a Bologna.

4 - Apro una tua bottiglia, cosa mi deve trasmettere? Cosa vuoi esprimere con il tuo lavoro?
Vedi il punto 2. il vino è come un sole a cui attorno ruotano tantissimi pianeti: passione, emozione, sensibilità, sensi, pensieri, piacere, cultura, storia, tradizione, vissuto, ricordi, gioie, dolori, malinconia, esuberanza, conoscenza, nutrimento e continuando così all'infinito.

5- So che oltre alla passione per il tuo mestiere, ne hai un'altra. Ce ne vuoi parlare?
Ho sempre avuto l'hobby della pittura e della poesia. Adesso comincia a diventare difficile considerarli ancora come tali: ho vinto dei concorsi importanti di pittura per cui esporrò gratuitamente nel Maggio del 2014 due mie tele in una mostra collettiva in una galleria di Parigi e sono anche presente in qualche catalogo importante di quest'arte. Per quanto riguarda la poesia ormai è da considerarsi come un secondo lavoro, infatti verrà pubblicato molto presto, da una casa editrice di Frosinone, il mio primo libro di poesie. Questa è la più grande soddisfazione della mia vita, prima ancora del vino.

6 - Da quanto tempo è radicata la viticoltura nel bolognese? Quanto è apprezzata e conosciuta in regione e quanto fuori dall'Emilia Romagna?
Già ai tempi della civiltà Villanoviana e degli Etruschi si coltivava, e molto, nei nostri territori la vite e si faceva vino, per cui abbiamo più di duemila anni di Storia. Purtroppo parallelamente a queste attività ci siamo anche occupati di coltura delle ciliegie, susine, albicocche, pere, mele, ecc. E di allevamento di bestiame (con la conseguente produzione di Parmigiano, latte, carne), maiali, conigli, pollame e di altre attività come produzione di canapa e seta e tante altre che hanno di fatto impedito che ci specializzassimo nella produzione di vini di alto pregio, per cui adesso ne soffriamo un po' in quanto fuori dalla nostra provincia e regione non abbiamo purtroppo un'immagine importante ed edificante, come hanno invece altre regioni italiane o francesi. Vedremo di recuperare il tempo perso.

7 - Quali sono i vitigni da sempre coltivati in questa zona? Quali secondo il tuo parere vanno sostenuti e rappresentano maggiormente l'espressione dei colli bolognesi?
I vitigni coltivati da sempre in questa zona, sono davvero tanti: Pignoletto, Negretto, Barbera, Alionza, Trebbiano, Albana, Montuni, Malvasia, Moscato, Forcella, Ciocca, Cioccarella, Maligia, Paradisa, Bura, Albanone, Albanella, Vernazza, Grilla, Lambrusco, Albana nera, Morastello ed altri ancora scomparsi con l'arrivo della filossera. Non dimentichiamo che anche alcune cultivar internazionali come il Cabernet e il Sauvignon, erano già coltivate nell'800. Inoltre nel bolognese si è sempre avuto un commercio importante delle uve da tavola quali: Chasselais Dorée, Angela, Lugliatica, Paradisa, Sanpiera nera, Negretto e Grillone. Di questi, quelli che io ho recuperato con grande soddisfazione, come risultato e commercializzazione e che a mio avviso rappresentano il futuro del nostro territorio, sono il Pignoletto (il re dei nostri Coli), il Negretto, l'Alionza ed il Trebbiano.

8 - Quali sono le tre bottiglie che non dimenticherai mai, quelle del cuore?
Le bottiglie che non dimenticherò mai, sono davvero tante, ma io volutamente scelgo, anche per togliere la nostra regione e territorio dall'oblìo dei poco considerati, 3 vini prodotti ivi. Il Sangiovese Ronco dell'annata 1990 dell'azienda Castelluccio di Gian Vittorio Baldi di Modigliana (Romagna), uno dei vini rossi più buoni d'Italia. Un Lambrusco non commercializzato sul mercato e prodotto dal mio amico Vincenzo Venturelli a Saliceto riva sinistra fiume Panaro. Una bottiglia magnum spumante rosato lambrusco di Sorbara con già tantissimi anni sulle spalle (mi sembra di ricordare oltre 1 o 2 decenni) bevuta assieme agli amici dell'Enoteca Altotasso di Bologna, davvero indimenticabile, non soltanto per l'altisima qualità e originalità dei sui unici e rari profumi e sapori, nonché perlage, ma perchè esprimeva soprattutto una grande anima che solo poche bottiglie possono avere. E per finire un vino prodotto nei Colli Bolognesi da Enrico Vallania, anche se non è un autoctono del nostro territorio, ma un Cabernet Sauvignon, quello che degustai, aveva ben 19 anni di vita sulle spalle. Straordinario come integrità, originalità, eleganza e personalità che aveva saputo mantenere ed evolvere in maniera molto virtuosa nei suoi profumi e sapori. Poi mi permetto di aggiungere un Rosso Bruno (30% di Cabernet, 30% di Barbera, 30% Sangiovese e 10% di Montepulciano d'Abruzzo) di trent'anni, dell'azienda Tenuta Bissera, che oggi putroppo non esiste più, prodotto interamente da uve coltivate a Monte San Pietro, nei Colli Bolognesi. Un vino ancora perfetto sebbene molto maturo che dimostrava ancora di avere tanti anni davanti a se.


9 - Qual è il consiglio che daresti al consumatore finale che si avvicina al mondo del vino?
Di non lasciarsi ingannare nell'approccio con il vino solo dall'aspetto immediato e cioè il piacere nel degustarlo, che è importante sì, ma soprattutto di imparare a cogliere tutto quello che stà dietro come storie di terre e donne e uomini, cultura, civiltà, socialità e tante altre cose. Il cercare dentro le pieghe del tempo l'anima di questo nettare è davvero la cosa che più ci emozionerà, parola di Giorgio Erioli.


10 - Hai alcune righe a disposizione per "convincerci" a visitare la tua terra, apprezzare i suoi prodotti e, magari venirti a trovare: Conquistaci!
Bologna la “Grassa“ è una città bellissima, ricca di storia e cucina tra le più ricche del mondo. I bolognesi sono gente cordiale e aperta ed hanno uno stile di vita che il mondo c'invidia. Le nostre campagne sono quelle che in Europa hanno avuto il più alto numero di Dop e Igp, le nostre aziende sono tutte improntate su piccole dimensioni, per cui hanno una filosofia produttiva molto artigianale che le permetterà, nel tempo, di farsi strada. Nella mia azienda, condotta per l'appunto in maniera molto artigianale e con grande attenzione verso i vini naturali ottenuti da vitigni autoctoni, la parola d'ordine è: Il vino non è una lingua ma un dialetto.


Giorgio Erioli

sabato 19 ottobre 2013

Domani, domenica 20 ottobre, a Bologna vanno in scena le bollicine naturali dell'emilia!

Foto credit by Lortica




Sono venuto a conoscenza di questa bella manifestazione bolognese solo ieri sera, alla cena con lo spumeggiante Vittorio Graziano alla Locanda Marcella (se siete in zona, fateci un salto, non ve ne pentirete). Mentre si parlava di rifermentazioni in bottiglia, Vittorio mi tira fuori un volantino e mi dice: «a proposito, guarda che domenica c'è un bel banco d'assaggio a Bologna in collaborazione con Lortica. Ci sarò anche io!» Massì, dove fanno il Mercato della Terra, in via Azzo Giardino, 65 a Bologna. 

Stamattina, vado sul profilo Facebook del wine bar Lortica e trovo tutti i dettagli dell'evento qui, che ripropongo con piacere anche su queste pagine.

Per chi ama o per chi si vuole avvicinare al mondo dei vini rifermentati in bottiglia, ci si vede domani dalle 12 alle 21: 
Una spumeggiante domenica col botto, alla riscoperta della tradizione enologica emiliana, fatta di vitigni autoctoni e bollicine autentiche, elaborate in maniera naturale, tramite spontanea rifermentazione in bottiglia o come dicono i raffinati cugini transalpini, “sur lie”.
Sará possibile incontrare una produzione vitivinicola che lavora sapientemente e senza fretta, in piena armonia con l'ambiente circostante, di cui si sente parte integrante. Totalmente estranea e contraria alle espansioni commerciali dell'enologia industriale regionale, volta al consumo di massa e determinante una innumerevole serie di pregiudizi e limitazioni, a discapito di chi ancora crede nella conservazione del prezioso patrimonio che la natura consegna all'uomo, racchiuso in ogni singolo chicco d'uva. Una concezione nobile ed elevata del lavoro, come elemento fondamentale di valorizzazione.

Si assaggeranno decine di bottiglie “velate” e misteriose, che non si concedono a chi si ferma ad osservarle superficialmente, solo per qualche istante, ma in grado di regalare una vera e propria “esplosione” di profumi e sapori, tipici di un territorio ancora complesso e ricco di grande biodiversitá.

Sarà possibile accompagnare i vini "sur lie" con piatti e panini e stuzzicheria preparati da lo staff de Lortica sotto le stelle.

Si assaggeranno decine di bottiglie “velate” e misteriose, che non si concedono a chi si ferma ad osservarle superficialmente, solo per qualche istante, ma in grado di regalare una vera e propria “esplosione” di profumi e sapori, tipici di un territorio ancora complesso e ricco di grande biodiversitá. 
Sarà possibile accompagnare i vini "sur lie" con piatti e panini e stuzzicheria preparati da lo staff de Lortica sotto le stelle.
La “torbida” o quanto meno “non filtrata” dozzina di produttori partecipanti sará cosí composta:
Bologna:

- AZIENDA AGRICOLA GRADIZZOLO (www.gradizzolo.it)

- ALBERTO TEDESCHIModena:

- VITTORIO GRAZIANO

- VIGNETO SAETTI (www.vignetosaetti.it)


Reggio Emilia:

- I CINQUE CAMPI (www.cinquecampi.it)

- DENNY BINI-PODERE CIPOLLA
- AZIENDA AGRICOLA CÁ DE NOCI (www.cadenoci.it)


Parma:

- CAMILLO DONATI (www.camillodonati.it)

- PODERE PRADAROLO (www.poderepradarolo.com)
- AZIENDA AGRICOLA CARDINALI (www.agricolacardinali.it)
- CROCIZIA (www.crocizia.com)


Piacenza:

- CROCI TENUTE VINICOLE (www.vinicroci.com)

Organizzato in collaborazione con Lortica e Drogheria 53

Ingresso libero, costo degustazione 10 euro (comprensivo di bicchiere).

giovedì 26 settembre 2013

L'eleganza e la maturità del Barbaresco quando proviene da "Rio Sordo" - Cascina Delle Rose



..."Il sughero non ha retto i quattordici anni. Il vino invece ha l’eleganza e la maturità del Nebbiolo di Barbaresco."

È questa la frase che ho scritto, pubblicando la foto sui social. Ero nel bel mezzo della bottiglia e mi sentivo davvero bene. Era da un po' che non provavo queste sensazioni. Probabilmente, era da un po' che non bevevo Nebbiolo. Un assaggio che ha saputo rimettere pace nel mio spirito.

Eleganza e maturità: due parole che hanno saputo cogliere il millesimo di questo nettare di Bacco. Rio Sordo è il Cru, dove nasce un Barbaresco nella sua deriva più idilliaca. Che ti avvolge e ti accompagna cortesemente verso la gioia del gusto. Profumi netti, sottili, tuttavia profondi: tra china, menta, rabarbaro, liquirizia e quei quattordici anni di aristocratica evoluzione con le nobili sfumature che ne conseguono. In pieno stile Cascina Delle Rose. Il sorso è una fresca carezza vellutata che ti avvolge il palato. Armonia pura, che evolve e ti trascina come in una danza a due, fino alla fine della bottiglia.



Per la cronaca: questa - clicca qui - è la canzone che girava sul piatto quella sera.
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