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lunedì 25 febbraio 2013

Due pesi e due misure - ovvero la totalità dei prodotti alimentari ed il vino

Credit immagine: www.lagoccia.eu
La notizia relativa allo scandalo della carne di cavallo spacciata come bovina, in Italia è di pochi giorni fa. Sul portale ilfattoalimentare se n'è parlato qui, ed alcuni giorni dopo, qui ed ancora qui.

Non voglio entrare nel profondo della questione in questa sede - non ne ho le competenze - sicuramente è una vergogna, una truffa, un puro scandalo a livello internazionale. Stiamo parlando, non solo di carne di diversa tipologia, seppur in piccola quantità rispetto a quella legalmente dichiarata in etichetta, ma, ancor più grave è il sospetto che provenga da animali non idonei alla produzione di alimenti e quindi da carni insalubri. Riporto il testo del suddetto articolo:
"l’impiego di carne di cavallo proveniente da animali classificati come non destinati alla produzione di alimenti (non dpa). Il ritrovamento di tracce di fenilbutazone in diverse carcasse di carne, lascia però ipotizzare proprio una vera invasione di campo. Il fenilbutazone è di un farmaco antidolorifico e antinfiammatorio molto utilizzato per i cavalli sportivi e da corsa, la cui carne non deve assolutamente finire nel circuito alimentare."
Certo, su queste argomentazioni non si scherza. È scoppiato il caso, ne è stato scritto su diversi siti e blog, sui vari social network si sono accese discussioni e ne hanno parlato nei telegiornali. Non c'è che dire, un bel polverone. Speriamo che le cose si sistemino, i controlli nella filiera diventino più rigidi (ma soprattutto veri) e chi deve pagare, paghi al più presto.

Così, il pensiero è andato al caro ed amato vino che, oltre alle classificazioni - IGT-P, DOC-P, DOCG-P - non possiede poi molto. Nessuna reale etichetta degli ingredienti e nemmeno la tabella dei valori nutrizionali. Il tutto lo risolvono con la scritta Contiene Solfiti, (che poi vadano da 12 mg/l litro a 200 mg/l, poco importa), la percentuale dell'alcool e poche altre sigle, punto.

Esempio di retroetichetta con ingredienti





Perché una tale disuguaglianza tra la quasi totalità dei prodotti alimentari ed il vino? Perché nessuno si occupa di regolamentare questa importante questione? Se è vero che anche il vino è un alimento, perché il consumatore non ha il diritto di sapere cosa contiene ciò che compra?

Tuttavia, qualcosa si sta muovendo. In prima linea, Sorgentedelvino ci spiega quali possono essere le differenze e cosa può contenere una bottiglia di vino - oltre alla sola uva - qui. Parla di etichette trasparenti qui e dibatte sulla questione degli ingredienti in etichetta qui


Credit immagine: www.sorgentedelvino.it

In più, quasi contemporaneamente allo scandalo della carne di cavallo, il Gambero Rosso ha pubblicato alcuni articoli attaccando la branca dei vini naturali, con l'incredibile risultato che alcune tra le maggiori associazioni di produttori di questa categoria, abbiano fuso le loro voci in una lettera aperta di risposta, che vi consiglio di leggere qui, nella quale si tocca appunto anche l'importante argomento degli ingredienti in etichetta.

Ormai è chiaro, qualcosa si sta muovendo, le parole dei singoli si stanno unendo, prendono spessore e stanno diventando più forti. Portare all'attenzione dei più queste tematiche, è ora fondamentale più che mai. C'è bisogno di comunicazione, in modo da fare arrivare questi contenuti a chi ha il potere decisionale.

Magari, un giorno sarà tutto più trasparente anche qui. Tutti avremo l'opportunità libera e lecita di sapere, di imparare a leggere i dati, di poterli capire e poter scegliere, comparare liberamente, in modo da poter decidere cosa acquistare. Certo che, con quello che ci è dato sapere oggi, uno scandalo come quello della carne bovina, nel ambito del vino, non accadrà mai.

Quindi: beviamo pure tutti tranquillamente, tanto al massimo,
CONTIENE SOLFITI.

martedì 18 dicembre 2012

Dei bianchi macerati sulle bucce, non facciamone la moda degli anni duemila!



La prima volta che mi versarono un vino da vitigno a bacca bianca macerato sulle proprie bucce esclamai: "cosa?". Poi lo guardai, lo portai al naso, lo bevvi e dissi: "non ci credo!". Ero sconvolto, disorientato ed estasiato al tempo stesso. Da quel giorno è stato un crescere di interesse e di assaggi. Alcuni, hanno avuto letteralmente il potere di abbattere e ricostruire quella che era la degustazione come la conoscevo, con colori, strutture, ampiezze olfattive e verticalità davvero all'apice della scala. Ma di una scala riscritta appunto. Altri, hanno beva grandiosamente semplice, snella e nostalgica, riportando alla memoria assaggi ormai lontani. Mi intrigano, insomma!

Le caratteristiche comuni - limitandomi ai vini fermi - a questa tipologia,* generalmente sono: i forti colori tendenti all'ambra e l'importante struttura, entrambi crescenti, all'aumentare dei giorni di contatto del mosto con le bucce. Pungenza e freschezza da elevata acidità volatile voluta, che oltre a veicolare i profumi, aiuta a preservare il vino, in affiancamento ai solfiti, che spesso sono a livelli fortunatamente bassi. Ventagli olfattivi che in alcuni casi sembrano interminabili. Al gusto poi, hanno sapidità e acidità elevata, tannino riconoscibile - che con la sola vinificazione in bianco non avrebbero - strutture importanti da un lato, grande bevibilità dall'altro. Fin qui, tutto bene no?

No, non del tutto almeno. Questa tipologia di vino, proviene nella maggioranza dei casi da viticoltura e vinificazioni naturali. Sì, quei produttori che non aggiungono nulla - così dicono - né intervengono in nessun modo, che ascoltano ed assecondano prima la vigna, poi il mosto/vino. Quelli che amo e che in questi anni mi hanno saputo regalare emozioni. Tuttavia queste macerazioni, queste eccessive acidità volatili, in alcuni casi, soffocano e appiattiscono vitigno e territorio, rendendo, magari anche grandiosa la bevuta, ma purtroppo anonima. Poi ci sono le puzzette - non sempre intendiamoci - gli squilibri, in alcuni casi addirittura, riannusando il bicchiere vuoto, resta solo il ricordo dell'aceto. No, questo, oltre certi livelli, non lo tollero più.

Probabilmente alcuni produttori devono ancora aggiustare il tiro. Forse, non dovrebbero arrivare a vinificazioni estreme o a prove di "forza". Oppure, forse siamo noi, che dopo anni di bevute enologicamente modificate abbiamo perso di vista il reale sapore del vino e dobbiamo azzerare il gusto per ripartire da capo.

Insomma, necessito di un approfondimento, voglio sapere di più. Da qui l'idea della degustazione - tutta da costruire - con esperti ed appassionati: almeno tre bottiglie dello stesso vitigno, almeno quattro o sei vitigni, due macerati uno no. Tutto alla cieca. Lo scopo, oltre a valutare la pulizia e la precisione stilistica è appunto quello di riconoscere il vitigno, o per lo meno identificarne i fratelli e, se siamo fortunati, ritrovarci un territorio.

Magari si mette un hashtag davanti e si crea #macerati1.

Dieci anni fa, ricordo, amavo i vini barricati. Poi, quando mi accorsi che dalla Sicilia al Friuli, 
la bevuta era pesante ed omologata, smisi in tronco di comprarli. Spero di non dover ripetere l'errore!


* Non si può semplicemente definire come "metodo di vinificazione" quella dei vini bianchi macerati sulle bucce. Bensì, siamo davanti ad una nuova ritrovata tipologia di vino a sé. Per citarne alcuni: i vini bianchi, i rossi, gli spumanti, i passiti, i dolci, i muffati, ed appunto i "macerati". Sì, chiamiamoli così. 
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