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giovedì 6 giugno 2013

Estasi per Camillo Donati ed alla "terziarizzazione" del Lambrusco!




Produttore: Camillo Donati
Denominazione: Lambrusco dell'Emilia IGT
Vitigni: Lambrusco Maestri 100%
Annata: 2006
Tit. Alcolemico: 13 % vol.
Prezzo: < 9 
Url: www.camillodonati.it

Dunque: chi dice che il Lambrusco sia un vino che vada bevuto nell'anno, al massimo quello dopo, sbaglia di grosso. Oppure si riferisce a quei "lambruschini" ruffiani tutti Big Babol e spezie, costruiti a meraviglia. La prova l'abbiamo avuta pochi giorni fa a pranzo io, Vittorio, Daniele e Sara.

Innanzitutto ringrazio l'amico Andrea che gentilmente ci ha regalato questa bottiglia esclamando: «Vi lascio questa. Provatela, ma non so se è ancora buona. Fatemi sapere!» 

È trascorso poco, giusto il tempo di farla raffreddare il minimo indispensabile e: ALT - FERMI TUTTI! È quello che abbiamo esclamato portando al naso il bicchiere. Eravamo in estasi totale. La terziarizzazione si era impadronita della bottiglia. I profumi erano riconoscibili, ma completamente evoluti: la frutta, in confettura; le erbe e le spezie, in macerazione, persino qualcosa di etereo, profondo, ramificato. Poi, sentire distintamente il profumo della terra, della zolla di terra umida (sentore spesso assimilabile al Lambrusco) così delineato ed intenso, ci ha trasportati direttamente nell'orto a raccogliere spezie profumate. E non so per quale strano motivo mi sono poi immaginato a camminare in vigna con Camillo Donati mentre mi raccontava della sua terra e del suo lavoro, assaporando così intrinsecamente l'emozione. Baroleggiante - lo so, è un azzardo, non gridate allo scandalo - ma qualcuno l'ha esclamato. Infatti nella terziarizzazione alcune similitudini le abbiamo ritrovate: è innegabile. Poi, c'erano le bolle. Grandioso, non una riduzione, nemmeno il più piccolo difetto. Tanti profumi, tanta intensità, tanta voglia di raccontarsi ancora. Mineralità, equilibrio e simmetria tra il sorso ed i profumi, ravvivati da quel tocco di emiliana frizzantezza. Una sola parola: armonia.

Questi sì che sono assaggi inaspettati. Probabilmente è stata una delle più grandi emozioni che un Lambrusco mi abbia saputo dare fino ad ora.


Se volete saperne di più su Camillo e della mia visita in cantina, cliccate qui.

giovedì 2 maggio 2013

Vino del Poggio di Cervini Andrea - per la serie "il vino che non ti aspetti"

Produttore: Az. Ag. Cervini  Andrea
Denominazione: Vino da Tavola
Vino: Vino del Poggio
Vitigni: Malvasia di Candia Aromatica  - Marsanne in minima parte
Annata: 2010
Tit. Alcolemico: 13 % vol.
Caratteristiche: lieviti autoctoni, 6 mesi di macerazione sulle bucce, niente solforosa in vinificazione, nessun controllo delle temperature, nessuna filtrazione né stabilizzazione
Prezzo: 13 

Bologna, Gustonudo, tutto ebbe inizio al banco di Giulio Armani. Mi trovavo di fronte ad una bella verticale di Dinavolo, 2008 e 2006 in grande forma e perfetto equilibrio, quando il buon Giulio, al termine della degustazione mi disse: «se vuoi sentire qualcosa di assolutamente nuovo, vai da Andrea, è un amico!» Seguii il consiglio, ed infatti lo stile era il medesimo e l'assaggio fu effettivamente convincente. Così mi portai a casa una bottiglia di Vino del Poggio da assaggiare con calma.

L'occasione è venuta alcune sere fa, durante un incontro clandestino romagnolo, con l'amico Eugenio ed altri compagni di elevata cultura ed esperienza nel campo dell'enomondo. Le bottiglie sul tavolo erano parecchie e la prima ad essere versata fu proprio questa. Poco dopo, in molti esclamarono: «Siamo partiti troppo bene!». Infatti, senza nulla togliere alle altre, è stata l'etichetta che ha stupito e soddisfatto maggiormente.

Insomma, il vino macerato che non ti aspetti, del colore della cipolla, con tanto di velatura che fa molto "natural-macerato". Dal ventaglio olfattivo in continua progressione, nel quale è immediata l'aromaticità del vitigno. Profondo, sfaccettato, pulito, dall'equilibrata volatile che convoglia e rinfresca i profumi, che variano dalla frutta matura gialla e secca, alle erbe officinali, ai capperi, con finale dolce ed agrumato tipico della tipologia. Il sorso è caratterizzato dall'elevata sapidità, dal tannino fittissimo e da una rotonda morbida avvolgenza. Gustoso, equilibrato, piacevole, davvero un gran vino, con zero, zero sbavature.


Tra l'altro, Andrea Cervini produce una Barbera davvero gustosa, anche questa assolutamente da non sottovalutare. Un produttore da seguire con attenzione dunque, perché la strada che sta percorrendo è quella giusta e sono certo che farà sicuramente parlare di sé in futuro. Del resto, Giulio Armani Docet.

martedì 26 marzo 2013

Ribolla Gialla Terpin - l'equilbrio tra vitigno e macerazione



Produttore: Franco Terpin
Denominazione: Ribolla Gialla delle Venezie IGT
Vitigni: Ribolla Gialla 100%
Annata: 2006
Tit. Alcolemico: 13 % vol.
Caratteristiche: lieviti autoctoni, 10 giorni di macerazione sulle bucce, fermentazione in botti grandi, 2 anni di invecchiamento, nessuna filtrazione né stabilizzazione
Prezzo: 2€ - comprata in enoteca
Url: www.francoterpin.com

Non c'è niente da fare, la mia attrazione per i bianchi macerati sulle bucce è proporzionale al desiderio di andare a conoscere i luoghi e le persone che danno vita a questi vini. Collio e Carso sono - per me - i fondamentali in Italia.

Come forse ho già scritto, il mio è un amore/odio. Nel senso che il fascino, l'estrema diversità e lo sconvolgimento gusto-olfattivo di questa tipologia, è per ora qualcosa che va oltre a qualsiasi esperienza io abbia mai fatto. Non c'è vinificazione tradizionale (in bianco) che possa reggere il confronto con questo mix ottenuto dall'uva a bacca bianca naturalmente vinificata sulle bucce. Il problema è che a volte - forse troppe volte - mi trovo di fronte a degli estremismi, a delle esasperazioni, che solo attenti appassionati possono perdonare, capire ed accettare. Nel senso che, si accetta e si capisce l'intento o il lavoro, ma non il vino, che a volte può risultare persino fuori da qualsiasi tipo di grazia.

Beh, la Ribolla Gialla 2006 di Terpin è il giusto equilibrio tra il vitigno e il metodo di vinificazione. Nessuna imperfezione, nessuna forzatura. Di color cipolla, compatto e velato, al naso è un crescere di intensità e profondità. Nell'immaginario è un frullato di agrumi, frutta secca e disidratata, alcune erbe aromatiche e fiori di campo. Con una spruzzata di succo di limone a dare freschezza. Il sorso è verticale e grasso in egual modo. Dinamico: la netta mineralità, il tannino e la freschezza si altalenano meravigliosamente con l'avvolgenza e la rotondità di beva. Senza muscoli, né troppi eccessi.

Una Ribolla da sbicchierare alla grande.

lunedì 25 febbraio 2013

Due pesi e due misure - ovvero la totalità dei prodotti alimentari ed il vino

Credit immagine: www.lagoccia.eu
La notizia relativa allo scandalo della carne di cavallo spacciata come bovina, in Italia è di pochi giorni fa. Sul portale ilfattoalimentare se n'è parlato qui, ed alcuni giorni dopo, qui ed ancora qui.

Non voglio entrare nel profondo della questione in questa sede - non ne ho le competenze - sicuramente è una vergogna, una truffa, un puro scandalo a livello internazionale. Stiamo parlando, non solo di carne di diversa tipologia, seppur in piccola quantità rispetto a quella legalmente dichiarata in etichetta, ma, ancor più grave è il sospetto che provenga da animali non idonei alla produzione di alimenti e quindi da carni insalubri. Riporto il testo del suddetto articolo:
"l’impiego di carne di cavallo proveniente da animali classificati come non destinati alla produzione di alimenti (non dpa). Il ritrovamento di tracce di fenilbutazone in diverse carcasse di carne, lascia però ipotizzare proprio una vera invasione di campo. Il fenilbutazone è di un farmaco antidolorifico e antinfiammatorio molto utilizzato per i cavalli sportivi e da corsa, la cui carne non deve assolutamente finire nel circuito alimentare."
Certo, su queste argomentazioni non si scherza. È scoppiato il caso, ne è stato scritto su diversi siti e blog, sui vari social network si sono accese discussioni e ne hanno parlato nei telegiornali. Non c'è che dire, un bel polverone. Speriamo che le cose si sistemino, i controlli nella filiera diventino più rigidi (ma soprattutto veri) e chi deve pagare, paghi al più presto.

Così, il pensiero è andato al caro ed amato vino che, oltre alle classificazioni - IGT-P, DOC-P, DOCG-P - non possiede poi molto. Nessuna reale etichetta degli ingredienti e nemmeno la tabella dei valori nutrizionali. Il tutto lo risolvono con la scritta Contiene Solfiti, (che poi vadano da 12 mg/l litro a 200 mg/l, poco importa), la percentuale dell'alcool e poche altre sigle, punto.

Esempio di retroetichetta con ingredienti





Perché una tale disuguaglianza tra la quasi totalità dei prodotti alimentari ed il vino? Perché nessuno si occupa di regolamentare questa importante questione? Se è vero che anche il vino è un alimento, perché il consumatore non ha il diritto di sapere cosa contiene ciò che compra?

Tuttavia, qualcosa si sta muovendo. In prima linea, Sorgentedelvino ci spiega quali possono essere le differenze e cosa può contenere una bottiglia di vino - oltre alla sola uva - qui. Parla di etichette trasparenti qui e dibatte sulla questione degli ingredienti in etichetta qui


Credit immagine: www.sorgentedelvino.it

In più, quasi contemporaneamente allo scandalo della carne di cavallo, il Gambero Rosso ha pubblicato alcuni articoli attaccando la branca dei vini naturali, con l'incredibile risultato che alcune tra le maggiori associazioni di produttori di questa categoria, abbiano fuso le loro voci in una lettera aperta di risposta, che vi consiglio di leggere qui, nella quale si tocca appunto anche l'importante argomento degli ingredienti in etichetta.

Ormai è chiaro, qualcosa si sta muovendo, le parole dei singoli si stanno unendo, prendono spessore e stanno diventando più forti. Portare all'attenzione dei più queste tematiche, è ora fondamentale più che mai. C'è bisogno di comunicazione, in modo da fare arrivare questi contenuti a chi ha il potere decisionale.

Magari, un giorno sarà tutto più trasparente anche qui. Tutti avremo l'opportunità libera e lecita di sapere, di imparare a leggere i dati, di poterli capire e poter scegliere, comparare liberamente, in modo da poter decidere cosa acquistare. Certo che, con quello che ci è dato sapere oggi, uno scandalo come quello della carne bovina, nel ambito del vino, non accadrà mai.

Quindi: beviamo pure tutti tranquillamente, tanto al massimo,
CONTIENE SOLFITI.

martedì 19 febbraio 2013

Uscire con un vino dopo 12 anni, è possibile. Lo fa Casa Caterina con il "Vita Grama"



Produttore: Casa Caterina
Denominazione: Vino da tavola rosso
Vino: Vita Grama
Vitigni: Merlot 60% - Cabernet Franc 35% - Cabernet Sauvignon 5% 
Annata: 2000

Caratteristiche: lieviti autoctoni, assenza di solforosa, nessuna filtrazione ed altre stabilizzazioni
bottiglia n: 2467 di 6000 - in commercio da meno di un anno
Tit. Alcolemico: 12,5 % vol.
Prezzo: < 14 € - comprato in enoteca

Casa Caterina, non è solo spumante metodo classico in zona Franciacorta. Sì, in zona, perché non aderisce all'omonima DOCG. Sita a Monticelli Brusati (BS), a 3 chilometri dal lago d'Iseo questa piccola azienda artigianale lavora con i criteri della biodinamica. Nei circa 10 ettari di vigneto, vi sono piantate 37 diverse varietà di vitigni. Una follia? Niente affatto, la loro è una lunga ricerca dedita alla comprensione del territorio, con il fine di tradurlo ed esaltarlo grazie ai vitigni più appropriati. Terreni difficili, che richiedono al vino lunghi affinamenti e gli donano longevità. Per questo motivo i fratelli del Bono escono con bottiglie dal millesimo non sempre recente.

L'etichetta ed il nome "Vita Grama" sono un atto d'amore, una dedica di Aurelio ed Emilio del Bono, al padre ormai scomparso. Ed infatti - racconta Aurelio via telefono - «le mani che si vedono in etichetta sono proprio le sue, quelle di mio padre. Perché» - continua - «la sua, è stata davvero una vita grama, di sacrifici, in campagna non c'erano le comodità di oggi, era dura!».

In commercio da inizio 2012, il vino ha trascorso due anni e mezzo in legni di varie misure, un lungo riposo in acciaio e tre anni in bottiglia.

Agile: nel calice è granato vivo, che sfuma e si attenua in unghia. Caffè, cacao e cuoio, si presenta così al naso. Seguono intense sensazioni laccate e terziarie. C'è un ricordo chiaro e fresco di cocomero, che fa tanto Toscana. Ci si ritrova il fungo, la terra, il muschio, ed il bosco dopo una pioggia primaverile. Del varietale c'è solo la parte più nobile, non stereotipata. C'è la frutta rossa evoluta, ed una freschezza che lo rende attraente. Ho come il presentimento che la bottiglia finirà in fretta.

Ingresso snello, piacevole, veloce, si beve meravigliosamente, 12.5° sono uno spasso. Il gusto è preciso: caffè e cacao. Possibile che un vino del genere possa costare così poco? Sono meravigliato, soddisfatto, ne voglio ancora! Il tannino è vivo, piacevole, c'è freschezza, c'è polpa. Una volta mandato giù il sorso poi: che tenuta. Complimenti ad Aurelio ed Emilio del Bono, continuate così!



Per il rapporto felicità / spesa, di cuoricini se ne merita 5 belli pieni.

venerdì 1 febbraio 2013

Trebbiano d'Abruzzo Valentini - 2008 - 1998 e l'importanza dell'annata



Altissimo e magro, Francesco Paolo Valentini - venuto a Bologna per una serata di approfondimento sull'Abruzzo - è una persona schiva, rigorosa, ma estremamente umile: si definisce viticoltore e cantiniere, ed afferma: «il mio ruolo, è solo quello di fare da tramite tra vitigno e vino, niente più». Anarchico portabandiera del Made in Italy, in questi ultimi anni, oltre a vino ed olio - da provare anche quest'ultimo - coltiva grano, che in collaborazione con il Pastificio Verrigni, diventa pasta. L'intento, è quello di portare all'attenzione del consumatore l'intera filiera, a partire dalla provenienza della materia prima, di valorizzazione e tutela dell'agricoltura italiana, con tanto di lettera aperta nel retro della confezione.

«Il vino nasce in vigna» sostiene. È fondamentale essere in territorio vocato alla viticoltura, come Loreto Aprutino, rispettandolo: intervenendo, quando necessario, esclusivamente con rame e zolfo. Ascoltando ed interpretando il Trebbiano abruzzese* con il più adatto sistema di allevamento: la pergola abruzzese. «Perché il clima qui è caldo e l'uva va protetta». In cantina, solo vecchie botti artigianali di quercia e castagno, dai 35 ai 70 hl risalenti alla metà del '800, dove il vino fermenta e matura senza nessun tipo di intervento e poca solforosa. Il vino poi, esce quando è pronto, come nel caso del Trebbiano d'Abruzzo 2007, messo in commercio dopo 2008 e  2009.

Nessuna descrizione organolettica per Francesco, non gli piace. Per lui, è molto più importante raccontare l'annata: perché nel calice ci si ritrova quella, se il vino è artigianale ed ottenuto da vinificazioni arcaiche.

2008: un'annata parecchio difficile. Temperature invernali alte, risveglio vegetativo anticipato, 5/6 grandinate, attacchi di Oidio e Peronospora. Praticamente, in vendemmia si è raccolto solo il 50% del totale. Nel calice è oro chiaro, vivo, con brevi bollicine da carbonica. Un naso mutevole e pulito, tra picchi minerali di frutta secca gialla, fiori, agrumi, sentori officinali e di macerazione, croccanti idrocarburi ed un bellissimo sottofondo di caffè. Da rimanerci incollati dentro dallo stupore. Il sorso è sapidità ed avvolgenza. La sensazione generale è comunque l'equilibrio. Piacevolissimo, snello, con sbuffi balsamici, ed un finale nettamente minerale e, discretamente lungo. Che vino. Ma non era un'annata difficile? 

1998: gennaio caldo: 20°. Marzo freddo: 2°. Risveglio vegetativo anticipato, giugno piovoso e successive temperature altalenanti. Attacchi di Oidio, Peronospora e Botrytis cinerea. Non proprio comoda neanche questa come vendemmia. Il colore non si scosta di tanto da quello precedente: più acceso, quasi fosse più vivo. Nettamente diversa è invece la consistenza, se prima era snella, in questo caso, si muove compatto, quasi untuoso. Intensità olfattiva da fuoriclasse, anche qui ritroviamo la frutta, gli agrumi ed i fiori, che vengono come "inglobati" da terziarie sensazioni. Note tostate, di frutta secca e schizzi di graffite. In tre parole: ELEGANZA - EQUILIBRIO - INTENSITÀ. Il sorso, svanita la carbonica, è una pura esperienza gustativa, c'è struttura, corrispondenza, mineralità ed equilibrio - fantastico, come pochi -  verticale e rotondo allo stesso tempo. A mio parere, ancora nel suo migliore stato evolutivo. Un vino riferimento, un vino indimenticabile.


*notevolmente differente da quello romagnolo o toscano, che ormai si trova anche qui per la sua produttività e resistenza.

lunedì 7 gennaio 2013

Il Kurni - un vino da "estremismi"

  • Produttore: 
    Oasi degli Angeli
  • Denominazione: Marche Rosso I.G.T.
  • Vitigno: Montepulciano 100%
  • Annata: 2007
  • Tit. Alcolemico: 15%
  • Prezzo: 75 € - comprato in enoteca
  • Url: www.kurni.it
Devo dire che il Kurni lo conosco e lo bevo da tempo. Praticamente dagli albori della passione per il vino. Forse, la prima annata era la 2000, non ricordo, ma da subito entrò nei vertici delle mie preferenze. Da allora, i miei gusti si sono notevolmente evoluti ed affinati. Così, in questi ultimi anni, aprendone una bottiglia, timoroso, penso sempre: lo apprezzerò ancora? Resterà sempre tra i miei vini del cuore?

Che il Kurni sia un vino che divide gli appassionati è chiaro a tutti. Ok, ora metto giù quattro righe, mi schiero da una parte, ed il gioco è fatto. Post chiuso. Troppo facile, questo vino va spiegato, va capito, ma soprattutto va bevuto per essere compreso.

Facciamo un passo indietro: siamo nelle Marche, a Cupra Marittima (AP) a pochi chilometri dal mare, in una vallata, su terreni poveri, circondata e protetta da boschi, ad un'altitudine che arriva fino ai 300 m slm. Gli  ettari di Montepulciano allevati ad alberello sono circa dieci, ed hanno una densità di impianto che va dalle 15.000 alle - udite udite - 22.000 piante per ettaro, con bassissime rese. In vendemmia si raccolgono solo i grappoli perfettamente maturi, vigneto per vigneto, ed ogni singola micro-vendemmia viene vinificata separatamente  - nessun utilizzo di chimica in vigna - solo lieviti indigeni per la fermentazione. Le micro-vinificazioni avvengono sia in acciaio, che in tonneaux. Successivamente il vino viene immesso in barriques nuove per dieci mesi, ai quali seguono altrettanti mesi in altre barriques nuove. 200% di rovere novello, avete letto bene. La massa viene poi unita selezionando solo i migliori risultati, imbottigliata e dopo un breve riposo, commercializzata. Un'attenta e quasi maniacale ricerca della perfezione enologica, senza nessun intervento da parte della chimica.


Immagine presa da kurni.it
Ho da poco aperto questo 2007, (ora in commercio c'è il 2010) e le mie perplessità sono state fugate: il Kurni non solo continua a piacermi, ma secondo il mio parere, rientra anche tra i grandi vini d'Italia. No, non assomiglia a quel famoso Primitivo di Manduria, tanto meno ad un Amarone. E' unico perché assomiglia sempre e solo a se stesso. Non lo si deve confrontare con i più grandi nebbioli o sangiovesi - i miei attuali vitigni di riferimento per eleganza, longevità ed insuperabilità, che per certi versi, in vecchiaia si assomigliano - d'altro canto, è Montepulciano Kurni.

Nel calice è inchiostro blu che tinge, impenetrabile ed estremamente compatto. Ha intensità e complessità olfattive elevatissime, ai margini della scala. Ciliegia, mirto e marasca, il frutto dolce rosso e nero inonda letteralmente i recettori. Spezie, liquirizia, menta, sigaro dolce e brioche, sensazioni morbide ed avvolgenti. Il legno è avvertibile e presente, non v'è dubbio, ma perfettamente amalgamato con gli ingredienti che ne costruiscono l'ampio profilo olfattivo. Il sorso è concentrato, robusto e spinto sulle dolcezze, ma sorretto da un tannino fittissimo e piacevole che, aiutato dalla freschezza, rende il vino estremamente rotondo ed in armonia. Intensità e pienezza gustativa ai massimi vertici. 

Insomma il Kurni è un vino che consiglio vivamente di assaggiare - non giudicatelo alle manifestazioni (troppo giovane) o in batteria con altre mille etichette - prendetene una bottiglia, stappatela con calma e con le persone giuste, durante la cena o subito dopo, magari al posto di un Porto Vintage o di un Pedro Ximénez. Poi, non preoccupatevi se non finite la bottiglia - non è certo un vino dalla grande bevibilità - il giorno dopo, sarà ancora più buono.



P.s.
Due note negative: Primo, il prezzo in questi ultimi anni è notevolmente aumentato, sicuramente è colpa anche della crescente richiesta. Secondo: dall'annata 2006 in avanti la dolcezza è sempre più spinta verso l'alto. Non andrei oltre, ne risulterebbe un vino quasi abboccato e per certi versi pesante.

lunedì 16 aprile 2012

Tuderi 2003 - Tenute Dettori - Pura territorialità di Sardegna

  • Produttore: Tenute Dettori
  • Vino: Tuderi
  • Denominazione: Romangia Rosso IGT
  • Vitigno: Cannonau
  • Annata: 2003
  • Tit. Alcolemico 14,5% vol
  • Prezzo: < 30 €
  • Url: www.tenutedettori.it 
Sardegna del nord, tra Porto Thorres, Sassari e Castelsardo, qui si trova la RomangiaQui Alessandro Dettori, nella sottozona Badde Nigolosu, produce vini ottenuti esclusivamente da monovitigno (solo vitigni della tradizione sarda) e da singolo vigneto. Ogni bottiglia dunque è classificabile come un piccolo cru!
In vigna si usano i criteri della biodinamica. Solo zolfo, cornoletame e sovescio. In cantina  i contenitori sono esclusivamente in cemento (anche per l'afffinamento). Niente lieviti ed enzimi, niente solforosa in vinificazione e, nella maggior parte dei vini, neanche dopo. Nessuna chiarifica, né filtraggio, solo travasi.   

Bottiglia acquistata ultimamente questa. Non sapendo dove fosse stata tenuta, ma soprattutto come, l'ho aperta con titubanza ed estrema cautela.

Versato nel calice il colore vira sui toni dell'aranciato scarico, con vivacità ormai in fase discendente.

Il naso è AMPIO. Inizialmente su sentori laccati ed eterei, si allarga poi a frutta sotto spirito, liquore di mirto, erbe officinali ed aromatiche. Sapidità marina, balsamico ed una territoriale e riconoscibile macchia mediterranea. Leggermente ossidato, comunque elegante e aristocratico. Un naso affascinante. Ancora, ancora, ancora, sempre in continua evoluzione.

Si potrebbe pensare ad un vino ormai maturo, visto il colore e la terziarietà dei profumi, invece l'assaggio è dinamico e pieno. Entra caldo ed equilibrato, perfettamente in armonia. Ha struttura e bevibilità di quellle che si fatica ad appoggiare il bicchiere. Chiude avvolgente, balsamico e lungo, con chiari ricordi ancora una volta territoriali dai quali deriva una netta corrispondenza con il naso. Questo vino è una camminata tra la piccola vegetazione sarda, tra rocce, arbusti, resine e brezza marina.

Questa per me è tipicità ed espressione del territorio.
In una sola parola, terroir!

♥♥♥

venerdì 6 aprile 2012

Le Trame 2000 - Podere le Boncie. Trovare il fine alla ricerca!

  • Produttore: Le Boncie
  • Vino: Le Trame
  • Denominazione: Chianti Classico DOCG
  • Vitigno: Sangiovese, Colorino, Mammolo
  • Annata: 2000
  • Tit. Alcolemico 13% vol
  • Prezzo: < 20 €
  • Url: www.leboncie.it
Ci sono quelle sere in cui ci si vuole trattare bene. Questa è stata perfetta!

Lo verso attento nel calice, ed è granato, limpido e vivo.

Lo avvicino al naso e, giuro, mi è venuta la pelle d'oca! Bianco del cocomero, cetriolo, netto sentore di erba pestata, carne ed una eterea ferrosità. Sono questi i sentori dei grandi sangiovesi invecchiati.
Chiudo gli occhi e mi ritrovo quasi per magia immerso tra i profumi delle dolci colline toscane. Elegante, tipico, ampio. Netta e definita pulizia nei profumi. Una sola parola, commovente.

Lo assaggio. Rotondità di beva da una parte, fresca mineralità astringente dall'altra. Di grande leggerezza, si trova ora nel meglio della sua vita, chiude lungo, balsamico e piacevolmente elegante. Che bevibilità, che grande Chianti Classico.
Impagabili emozioni!

Durante la serata, spontanea, mi è venuta questo pensiero:

"Le Trame 2000 un vino da €15. Che valore ha per me questa bottiglia? Molto più di alcuni famosi e blasonati top wine!
Questo è trovare un fine alla ricerca!"

♥♥♥♥♥

venerdì 10 febbraio 2012

Il Mio Sauvignon 2008 - Camillo Donati. Sensazioni e nostalgia del passato!

Alcune Bottiglie degustate
  • Produttore: Camillo Donati
  • Vino: Il Mio Sauvignon - Vino Frizzante
  • Denominazione: Emilia IGT
  • Vitigno: Sauvignon
  • Annata: 2008
  • Tit. Alcolemico 12,5% vol
  • Prezzo: < 10 €
  • Url: www.camillodonati.it
Andare in visita da Camillo Donati è un po’ come riguardare un vecchio album di foto. Innanzi tutto il navigatore ti abbandona, non lo trova. Se non ci fossimo fermati al primo bar per chiedere indicazioni (proprio come una volta) e senza la telefonata di Camillo per sapere dov’eravamo finiti, non saremmo mai arrivati. Dopo le dovute presentazioni (lo abbiamo trovato in strada ad aspettarci), entriamo.

Degustando e chiacchierando con Camillo
E così, che guardandoti attorno, trovi un’atmosfera ed un ambiente anni 80’ che sembrerebbe quasi siano voluti, siano stati ricreati appositamente. Niente di tutto ciò. Da Camillo Donati è tutto naturale!
Al tavolo, ti mette a tuo agio, appoggia le bottiglie, i bicchieri, un trancio di Parmigiano Reggiano intonso ed una brocca d’acqua. “Servitevi pure ragazzi”. Abbiamo degustato quasi tutte le sue etichette e ricordo bene le sensazioni di quelle ore trascorse ascoltando la sua storia, la filosofia naturale con cui lavora, gli imprevisti di alcune annate, ma soprattutto l’amore e la passione per il suo lavoro. Tutto quanto avvolto da quella sua naturale schiettezza d’altri tempi, che si ritrova chiaramente in ogni sua bottiglia. Andatelo a trovare, non ve ne pentirete.

Degustando le sue bottiglie sono tornato con i ricordi a quando da piccino aiutavo il nonno ad imbottigliare il vino in cantina, l’atmosfera frizzante ed i profumi di quel luogo, di quei tempi mi hanno riempito i sensi. Di quando poi in estate si stappavano fresche quelle bottiglie, e di quante volte se non si stava attenti metà del contenuto andava perso per la troppa pressione. Sapori antichi, schietti, di una volta, sapori del vino. Questo è quello che provo quando bevo Camillo Donati.

Il post potrebbe anche finire così, sono queste le sensazioni che volevo trasmettere su questa esperienza degustativa ed emotiva. Per chi ha tempo, voglia, e per chi vuole saperne di più si continua: 


- Il Mio Sauvignon -
Le vigne sono a conduzione biologica e biodinamica, in cantina non si interviene in nessun modo, (solo piccole dosi di solforosa in pigiatura), nessun tipo di controllo in fermentazione, lasciando alla natura il compito di tramutare il mosto in vino. Tutte le sue etichette sono a rifermentazione spontanea in bottiglia, proprio come da tradizione Emiliana, grazie all’aggiunta di mosto non ancora fermentato. Niente altro.

Tra le bottiglie che ho portato a casa, il bianco che più mi è piaciuto e sicuramente questo Sauvignon 2008:

Versandolo nel calice crea una leggera spuma che invoglia immediatamente e crea salivazione. Di color giallo dorato antico, risulta velato per via delle fecce fini che vanno a donargli profumo e struttura.

Il naso stupisce, inizialmente magari un po’ chiuso, ma basta attendere alcuni minuti per essere ripagati. Sentori agrumati, officinali di camomilla e salvia. L’intensità e la complessità in continua crescita aprono il profumo a sentori di miele amaro, pietra focaia e crosta di pane. Un naso intrigante anche per la sua intraducibilità di certi momenti. Invitante, antico, contadino.

In bocca è sapido, quasi salato, tannino presente (fermentazione in rosso anche per le uve a bacca bianca), ed una leggera pungenza data dalla Co2 ne aumenta ulteriormente la freschezza. Tuttavia risulta piacevolmente rotondo per via di un leggero residuo zuccherino e per il suo estratto, che rendono la bevuta snella, dinamica e dissetante. Interminabile poi in chiusura, lasciando in bocca fresca sapidita territoriale.

Ad ogni bicchiere versato aumenta l’intensità e la velatura del colore, aumentano ed evolvono i profumi al naso, ed infine in bocca grazie anche all’aumento della temperatura cresce di struttura e di piacevolezza. In alcuni tratti, senza spaventarsi, sia al naso che in bocca potrebbe ricordare alcune birre.

♥♥♥♥ e anche più.

domenica 5 febbraio 2012

Langhe Nebbiolo 2010 - Cascina delle Rose. Il carattere di un “Terroir”

Produttore: Cascina delle Rose
Denominazione: Lenghe Nebbiolo DOC
Vitigno: Nebbiolo 100%
Annata: 2010
Tit. Alcolometrico: 13,5% vol.
Prezzo:  <15 €
Url: www.cascinadellerose.it

È notte. Una bellissima nevicata ed un pacifico silenzio rendono speciale la serata. Quale migliore occasione per godersi in due un buon calice di vino?

Scelta facile, non avendo ancora assaggiato il nebbiolo 2010 di Cascina delle Rose, acquistato, tra l’altro, in questa occasione.

Partendo dal colore che al granato solo si avvicina, alla sua vivacità, dagli intensi profumi di fiori, di frutta, di spezie, (ne è davvero ricco), tutto rientra nella cerchia della freschezza e della gioventù del vino. In sorso è lo stesso, il tannino e l’acidità sono quelle del nebbiolo senza fronzoli, grintosi ma composti. Nessun passaggio in legno, nessuna alchimia, grandi attenzioni sia in vigna che in cantina. Un bicchiere di grande pulizia, finezza ed armonia. Soprattutto di franca riconoscibilità. Una bevuta che vuol essere così, immediata, che non ha bisogno di essere aspettata, qui non servono approfondimenti. Un nebbiolo da avere in cantina insomma!

Da questo assaggio vien da sé pensare a quanto sia evidente come il vitigno, il terreno ed il clima abbiano contribuito - grazie alle giuste scelte fatte dall’uomo ed ai limitati interventi in cantina poi - ad ottenere una materia prima, a mio parere, di grande qualità, integrità ed appunto, territorialità. Questo è il terroir di Cascina delle Rose, unico e riconoscibile in tutti i loro vini.

A cena finita ci si accorge pure che ne è rimasto ben poco nella bottiglia. Che bevibilità!
Che bella nevicata, che bella bevuta!

♥♥♥♥
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